Tempi che cambiano per le obbligazioni alimentari tra coniugi nei divorzi e nelle separazioni in Italia e Inghilterra
Il mese scorso ai datori di lavoro in Gran Bretagna con più di 250 lavoratori subordinati è stato richiesto di pubblicare, a norma di legge, gli ultimi dati del divario retributivo tra donne e uomini. I dati pubblicati da statisita.com sul divario retributivo in Italia nel 2017 ha dimostrato che le donne, in media, hanno guadagnato 15 euro in meno all'ora degli uomini.
Questi dati risultano importanti per diversi motivi, tra i quali se esistano possibilità per le donne di vedersi garantire una sufficiente remunerazione a seguito di divorzio (cosa che, in definitiva, porta ad un'indipendenza economica). Un recente cambiamento nell'approccio alle obbligazioni alimentari tra coniugi nel divorzio in Italia ha portato questo argomento al centro dell'attenzione, mentre in Inghilterra i tribunali sono ancora alle prese con la veridicità di quanto viene indebitamente chiamato "mantenimento a vita".
Il cambiamento radicale in Italia si ha avuto a seguito di sentenza della Prima Sezione della Corte di Cassazione (sentenza n. 11504/17) riguarante il divorzio tra Lisa Lowenstein e Vittorio Gritti, che ha stravolto la prassi delle tre decadi precedenti, ove il tenore di vita della coppia sposata rappresentava il principio cardine nel determinare l'ammontare dell'assegno di mantenimento da pagare al coniuge in caso di divorzio. La Sig.ra Lowenstein ha ricevuto un assegno di mantenimento di 2 milioni di euro al mese dalla Corte d'Appello italiana ma, volendo anche che fossero pagati i suoi debiti, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso sostenendo che, i divorziati che hanno risorse sufficientemente indipendenti o che hanno la capacità di lavorare, non riceveranno automaticamente assegni di mantenimento. Nel passato, questo approccio era stato valutato sulla base che gli ex-coniugi avessero il diritto di mantenere il tenore di vita che avevano durante il matrimonio. Inoltre, la Corte di Cassazione ha dichiarato che l'obbligo di pagare un ex-coniuge avrebbe potuto rappresentare un ostacolo per il divorziato di crearsi una nuova famiglia, interprentando questa possibilità come un diritto stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). A parte le interpretazioni dell'Art. 8, questo caso ha probabilmente segnato la fine degli indennizzi cospicui per i divorzi in Italia – un esempio importante riguarda il pagamento mensile di 1.4 milioni di Euro (1.2 milioni di Sterline) da parte di Silvio Berlusconi alla sua seconda moglie, a seguito di separazione avvenuta nel 2009. Il caso ha anche dimostrato chiaramente come i tribunali italiani non seguano più la regola di "prima la prima famiglia".
Comparando la situazione e l'approccio attuale alle obbligazioni alimentari tra coniugi nei tribunali inglesi dove, invece, il principio di "prima la prima famiglia" è vivo e vegeto.
In Inghilterra e Galles, mentre si può considerare il caso di SS contro NS (2014) per capire come mai i giudici inglesi abbiano contestato la questione etica e morale del perchè (per quanto riguarda il divorzio) la legge permetta l'imposizione ad una parte di pagare un assegno di mantenimento all'ex coinuge potenzialmente fino alla morte del beneficiario, si deve anche considerare la controversia decisione presa in Mills contro Mills (2017). Nel predetto caso, la Corte d'Appello ha ordinato al marito di aumentare l'assegno di mantenimento mensile alla sua ex moglie (dalla quale aveva divorziato 15 anni prima) da £1.100 al mese a £1.441 per soddisfare i suoi bisogni fondamentali, per pagare le spese relative alla casa, anhce se queste erano già coperte dall'ammontare originario. L'appello del marito si è tenuto davanti alla Suprema Corte a maggio e sarà interessante capire se i giudici della Suprema Corte inglese si richiameranno alla decisione presa lo scorso anno dalle controparti italiane nell'emanare la sentenza. Arrivare a quel momento dovremmo anche avere il giudizio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione italiana, scontratasi recentemente con la problematica dell'obbligazione di mantenimento a seguito della decisione nel caso Gritti. La sentenza dovrebbe arrivare nei prossimi mesi.
Si è avuta una maggiore chiarezza dalla recente sentenza in Waggott contro Waggott (2017) in cui, oltre alla somma di £ 10 milioni (11.4 milioni di Euro), la moglie sosteneva di essere intitolata a ricevere un assegno di mantenimento derivante dalle entrate future del marito, anche a seguito del loro divorzio, per il supporto che lei gli aveva fornito durante il loro matrimonio nel costruire il suo business. La Corte d'Appello ha rigettato questa argomentazione e ha confermato che la capacità di guadagno non può costituire un bene matrimoniale al quale applicare il principio della suddivisione.
Il dato interessante è che l'approccio attuale in Italia riflette la legislazione scozzese in cui l'obbligazione di mantenimento del coniuge è limitata a tre anni, sempre che sia pagabile, per permettere un periodo di adattamento. Se andiamo indietro di una sola decade, in Miller contro Miller; McFarlane v McFarlane (2006), un caso inglese, l'allora House of Lords aveva posto enfasi sul fatto che il "principio dei 3 anni" permetteva al tirbunale di attituire il colpo del divorzio, concedendo i fondi necessari per permettere al coniuge di cercare un lavoro, oppure di convertirsi o adattarsi ad uno stile di vita meno esoso.
Una prospettiva rigenerante è stata recentemente diretta agli avvocati specializzati in diritto di famiglia dal giudice con la maggiore anzianità, Baroness Hale, presidente della Corte Suprema inglese. Nel suo discorso, la frase "mantenimento a vita" è stata pronunciata in maniera sdegnosa e avvilente, e Baroness Hale ha sottolineato anche il fatto che il matrimonio è un rapporto in cui i coniugi spesso ricoprono ruoli differenti per il bene comune e per quello dei loro figli e anziani genitori. Studi dicono che una persona che rinuncia al lavoro, anche se per pochi anni, per concentrarsi sui figli o altre responsabilità familiari non riusciranno mai a recuperare quanto perso. Nella visione del giudice, lo scopo degli accordi di divorzio dovrebbe essere quello di garantire ad entrambe le parti un inizio paritario per costruirsi una vita indipendente e, a volte, l'unico modo per raggiungerlo è quello di porre un termine al mantenimento a vita.
Per i tribunali inglesi e italiani e per i divorziati di entrambi i paesi, la questione spinosa riguardante il termine delle obbligazioni alimentari per il coniuge rimane in bilico. Forse, i dati sul divario retributivo di genere fornirà ai coniugi e ai tribunali di famiglia un'iniezione di realismo sulla difficoltà o realizzabilità dell'adeguamento economico. Nel frattempo, aspettiamo le linee guida da parte di entrambe le Corti Supreme su come le obbligazioni di mantenimento possano essere equamente valutate sia per colui che paga, che per il beneficiario della dissoluzione di un matrimonio.
Withers LLP ha rappresentato Miller v Miller [2006]