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L’impatto dell’AI sulle nuove generazioni di professionisti legali

8 novembre 2024 | Legge applicabile: Italia | 6 MINUTI DI LETTURA

Nel panorama legale tradizionale, il percorso formativo dei giovani praticanti inizia con una serie di compiti ripetitivi ma essenziali per acquisire competenze professionali. I neolaureati si trovano spesso a lavorare su attività come la revisione di documenti legali, lo studio approfondito di contratti, la redazione di bozze di pareri, la preparazione di atti difensivi e, soprattutto, lo svolgimento di ricerche giuridiche. Queste mansioni, per quanto tecniche e di supporto, rappresentano il fondamento del bagaglio professionale di ogni avvocato, poiché consentono di sviluppare una comprensione approfondita del diritto e delle sue applicazioni.

Negli ultimi anni, tuttavia, l’introduzione di strumenti di intelligenza artificiale (AI) ha iniziato a cambiare radicalmente questo quadro. Le nuove tecnologie consentono di automatizzare molte delle attività svolte dai giovani praticanti. Algoritmi di machine learning possono analizzare e confrontare contratti in pochi secondi, piattaforme di legal tech permettono di effettuare ricerche giuridiche complesse in modo estremamente rapido, e strumenti di drafting automatico sono in grado di produrre bozze di pareri e atti legali con un livello di precisione sempre crescente. In questo contesto, molte delle mansioni tipiche dei neolaureati rischiano di essere erose dall’efficienza delle soluzioni basate su AI.

Questa trasformazione solleva una domanda cruciale: quale sarà il ruolo dei giovani professionisti legali nel futuro e quale sarà il ruolo di studi legali, aziende e università per supportarli?

L’adozione diffusa dell’AI presenta due sfide principali per i neolaureati. La prima riguarda il rischio di ridurre le opportunità di apprendimento diretto attraverso l’esperienza pratica. Molte delle competenze acquisite dai giovani avvocati derivano dall’analisi e dallo studio approfondito dei casi e dei documenti legali. Se questi compiti venissero trasferiti a strumenti di intelligenza artificiale, i praticanti potrebbero non sviluppare le stesse capacità di ragionamento e analisi che tradizionalmente si formano in questa fase del loro percorso. La seconda sfida è legata alla formazione. Pur riconoscendo l’utilità dell’AI, non è realistico affidare completamente questi strumenti ai giovani praticanti. La loro inesperienza e la mancanza di spirito critico sviluppato potrebbe esporli al rischio di non riconoscere errori o “allucinazioni” generate dagli algoritmi di AI, ovvero risposte errate ma apparentemente convincenti prodotte dal sistema. Pertanto, un semplice affidamento alla tecnologia non può essere considerato una soluzione praticabile.

In un contesto sempre più dominato dall’AI, è essenziale quindi ripensare il ruolo dei giovani professionisti e le competenze che devono sviluppare. Invece di concentrarsi su mansioni che possono essere automatizzate, i neolaureati dovranno orientarsi verso attività di maggior valore aggiunto che richiedono una combinazione di intelligenza umana e giudizio critico. Tra queste nuove mansioni vi sono:

  1. Supervisione e controllo dei risultati generati dall’AI: Anche se l’AI può produrre risultati rapidi e accurati, i giovani legali dovranno imparare a verificarli e a valutarli con spirito critico, correggendo eventuali errori e interpretazioni errate.
  2. Gestione strategica delle tecnologie legali: I futuri avvocati dovranno essere in grado di comprendere e utilizzare gli strumenti di AI in modo strategico, scegliendo quelli più adatti per ogni specifico incarico e sfruttando al massimo le potenzialità offerte dalla tecnologia.
  3. Sviluppo di soft skills: Le capacità relazionali, la negoziazione e la gestione dei clienti rimangono ambiti dove l’AI ha un ruolo limitato. I giovani professionisti dovranno rafforzare queste competenze, che saranno sempre più centrali nel loro lavoro.
  4. Approfondimento del contesto normativo: Gli avvocati dovranno formarsi sulla regolamentazione e le implicazioni etiche legate all’uso dell’AI, poiché saranno chiamati a consigliare i clienti sull’utilizzo sicuro e conforme di tali tecnologie.

Per facilitare la crescita dei giovani professionisti in un contesto sempre più tecnologico, gli studi legali devono quindi assumere un ruolo attivo, creando percorsi formativi su misura per i propri praticanti.  Si dovrà ad esempio prevedere l’assegnazione di mentori esperti ai giovani praticanti per aiutare a bilanciare l’uso dell’AI con l’apprendimento critico. La supervisione attenta da parte degli avvocati senior è essenziale per insegnare ai nuovi professionisti non solo a usare gli strumenti di AI, ma anche a verificare e correggere i risultati ottenuti.  Si potrebbero poi creare “laboratori di innovazione” interni, dove i giovani avvocati possono sperimentare gli strumenti di AI sotto la guida di specialisti e professionisti senior, attraverso simulazioni pratiche che consentono di comprendere i limiti e le potenzialità dell’AI. Poi è utile incentivare lo sviluppo di soft skills, come le capacità relazionali e di gestione dei clienti. Questi aspetti del lavoro legale, che richiedono empatia, intelligenza emotiva e capacità di negoziazione, rimangono centrali anche in un contesto sempre più automatizzato. Formare i giovani avvocati su come gestire le relazioni con i clienti, negoziare accordi complessi e comprendere le esigenze degli stakeholder è una competenza che non potrà essere facilmente replicata da un algoritmo.

Anche le università sono fondamentali per la formazione dei giovani professionisti legali, e per preparare gli studenti alle sfide tecnologiche devono innovare i propri programmi. Includere moduli dedicati all’AI e al legal tech, insieme a una solida base giuridica, è essenziale per fornire agli studenti le competenze richieste dal mercato. Per cui ben vengano corsi sull’etica e sulla regolamentazione dell’AI nelle facoltà di giurisprudenza che formino gli studenti non solo sull’uso dell’AI, ma anche sulle questioni etiche e normative che circondano queste tecnologie. Al pari degli studi legali anche le università potrebbero offrire “cliniche legali digitali”, dove gli studenti possano lavorare su casi reali o simulati utilizzando strumenti di AI sotto la supervisione di docenti esperti. Queste cliniche potrebbero anche collaborare con studi legali o aziende di AI, creando una sinergia tra il mondo accademico e quello professionale. Le università infine potrebbero favorire collaborazioni con studi legali e con aziende di tecnologia, per offrire agli studenti tirocini che li mettano in contatto con le reali dinamiche del lavoro legale in un contesto tecnologico. Queste partnership permetterebbero di unire teoria e pratica, formando una nuova generazione di avvocati capace di integrare diritto e tecnologia.

In conclusione, per garantire una crescita dei giovani avvocati in un contesto professionale sempre più tecnologico, è fondamentale che gli studi legali, le aziende e le università collaborino per creare un percorso formativo che integri l’AI senza rinunciare all’importanza del pensiero critico e dell’esperienza pratica. Mentorship, laboratori di innovazione, cliniche legali digitali e partnership con aziende tecnologiche rappresentano alcune delle soluzioni che possono aiutare a formare la nuova generazione di professionisti legali, capaci di navigare con competenza tra diritto e tecnologia. Solo così i futuri avvocati saranno preparati ad affrontare le sfide del domani, mantenendo il controllo e l’attenzione per i dettagli, che resteranno sempre centrali nella professione legale.

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