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IVIE sugli immobili UK post-Brexit: sorpresa inaspettata?

10 marzo 2021 | Legge applicabile: Inghilterra e Galles

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Coloro che risiedono in Italia e possiedono beni immobili all’estero, siano essi situati in Paesi UE che extra UE, sono tenuti al versamento annuale dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE), addebitata con un’aliquota pari allo 0,76% (salvo limitate eccezioni).

L’IVIE è stata introdotta nel 2012 per ‘catturare’ la detenzione di immobili esteri da parte di residenti italiani, ed estrarre gettito fiscale per le casse dello Stato, sulla falsariga di quanto già succede con l’IMU in relazione ad immobili sul suolo italiano.

La base imponibile per l’IMU è costituita dal valore catastale dell’immobile. Sin dall’introduzione dell’IVIE si è dunque posta la necessità di identificare la corretta base imponibile per la tassazione degli immobili esteri. La posizione, presa pressoché immediatamente, si fonda sui pilastri cardine del diritto europeo, quali la libertà di circolazione delle merci e dei capitali. Pertanto, per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione Europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo (SEE), l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il valore da utilizzare per la determinazione dell’imposta è prioritariamente quello ‘catastale’, così come determinato e rivalutato nel paese in cui l’immobile è situato. Per gli immobili situati in Paesi extra UE/SEE, invece, la base imponibile è determinata dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato.

Come ben sa chi ha acquistato casa nel Regno Unito, qui il cosiddetto 'valore catastale' non esiste. Le imposte (di acquisto, di successione ecc.) sono computate sulla base del valore di mercato al momento del calcolo. A seguito di un interpello ad hoc, tuttavia, l'Agenzia delle Entrate, proprio per far fronte alla necessità di mantenere uniformità di trattamento all'interno dei paesi dell'Unione, ha identificato nel valore attribuito agli immobili ai fini del calcolo della Council Tax (l'imposta municipale sulle abitazioni), un valore idoneo a fungere da base imponibile. La Council Tax è prelevata secondo scaglioni di valore attribuiti agli immobili abitativi, e varia di città in città e di quartiere in quartiere.

Ora, se il valore catastale di un immobile italiano non ne riflette affatto il suo valore di mercato, il valore della Council Tax band di un immobile inglese è quanto di più lontano ci possa essere dal suo effettivo valore di mercato, specialmente a Londra e nelle principali città. Basti pensare che in Inghilterra le bande della Council Tax sono ferme ai valori immobiliari del 1991 (e al 2003 in Galles). A titolo esemplificativo, un immobile attualmente in vendita nel quartiere di Londra di Kensington e Chelsea ad un prezzo richiesto di £3.250.000 rientra nella Council Tax band G, il cui valore mediano (preso a riferimento dell’Agenzia delle Entrate) è di £240.000.
Sino al 31 dicembre 2020, l’IVIE dovuta su detto immobile si sarebbe dunque assestata in £1.824 per anno (da convertire in Euro).
Uno dei vari regali, più o meno inaspettati, della Brexit, derivante dall’uscita del Regno Unito dal territorio doganale e fiscale dell’Unione Europea, incide proprio sulle tasche dei proprietari di immobili sull’Isola. Infatti, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di Telefisco 2021 ha confermato che a partire dal 1° gennaio 2021 la determinazione della base imponibile ai fini IVIE rispetto ad immobili di proprietà nel Regno Unito non verrà più fatta sulla base del favorevole utilizzo della Council Tax band, bensì andrà ora applicato il criterio generale basato sul costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti (o, in assenza, sul valore di mercato).

Improvvisamente, il costo fiscale italiano dell'investimento londinese sale a circa £24.700, un rincaro da un giorno all'altro del 1.254%! Senza contare che la redditività dell'investimento è molto probabilmente calata negli ultimi 12-18 mesi, a causa della pandemia mondiale in corso e della conseguente incapacità di spostarsi a livello internazionale e di pianificare vacanze e soggiorni. Certamente una brutta sopresa per tutti gli investitori e, di riflesso, per l'attratività del mercato immobiliare inglese, che in Italia non ha mai sofferto. Non ci sarà quindi da stupirsi se la questione verrà sollevata nuovamente e discussa più nel dettaglio, e si spera riconsiderata, dato l'impatto per le tasche del contribuente.

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